Anziché starvene a letto e fare all’amore …. andate, andate, Asserviti.
E non perdetevi il concerto del 1° maggio, il corteo in centro, la manifestazione con le bandiere, il discorso dei sindacalisti, il picnic sui prati ….. Andate, andate pure.
Per tutti gli altri ci si vede al centro commerciale.
Ormai è aperto anche il primo maggio.
Qualche commesso-schiavo ci sarà sempre ad accogliervi con il sorriso quando entrate ed a mandarvi a fanculo quando uscite.
Andate, andate. Ci vediamo al casello.
In fila per sei col resto di due.
Tanto io ho il telepass! Tiè!
La globalizzazione ed i 7 miliardi e mezzo di abitanti
del pianeta hanno prodotto il massacro delle
popolazioni del Primo e Terzo mondo quale
risultato della spietata competizione tra gli Stati.
Per sopravvivere saremo costretti a lavorare di più,
sempre più in fretta, sempre più stressati, depressi,
Non fai a tempo a mettere la testa sul cuscino, ad impollinarlo di forfora ed ungerlo ben bene di sebo, che c’è una nuova notizia che spazza via tutto quello che c’era prima, forfora compresa. Le cose cambiano troppo in fretta.
Pensavo alle persone sole, ai mariti senza moglie, alle mogli senza marito, ai separati in casa e fuori casa. A quelle persone che fino a pochi giorni prima vedevi passeggiare teneramente abbracciate, mano nella mano, e che poi scopri, all’improvviso, che si sono separati.
Mi è venuto in mente Egidio.
Egidio ormai è un uomo solo. Sta soffrendo tanto per la separazione dalla moglie.
E per il fatto che può vedere i figli solo poche volte al mese.
I suoi cucciolotti: Andrea 4 anni, Eleonora 6.
Egidio si vergogna ad andare a pranzo dai suoi a Pasqua senza la moglie ed i figli che sono anche i nipotini preferiti di nonna Concetta.
Dice che è uno smacco stare a tavola tutti assieme, ognuno con la propria famiglia ed i rispettivi figlioletti saltellanti e ben vestiti e lui lì, sistemato tra i nipotini più piccoli, a fare il bravo zio ed a tagliare a pezzettini la cotoletta nei loro piatti.
Ed a rispondere alle loro ingenue domande “zio, dov’è zia Sara, dov’è andata? Perché non hai portato Andrea ed Eleonora? Dove sono i cuginetti?”
Dopo il pranzo pasquale ogni nucleo familiare si accaparrava il proprio divano o il proprio letto ove smaltire i soliti eccessi post-prandium e sorbire il meritato caffè. Egidio, solo, dava una mano a sparecchiare ed a rimettere al loro posto i tavoli accostati l’uno accanto all’altro per la tavolata.
E mentre i fratelli si appisolavano beati o sfumacchiavano qualche sigaretta e le cognate tentavano di addormentare i bambini, lui preferiva togliere il disturbo salutando sommessamente tutti inventandosi impegni che non aveva. Mamma Concetta non riusciva a trattenere le lacrime.
Per tornarsene a casa, per la prima volta da solo, senza la sua donna ed i suoi figli.
Per lui la Pasqua, quest’anno, non era venuta. Aveva la morte nel cuore.
Allora ho pensato di fargli un regalo a Pasquetta. Per tirarlo un po’ su.
Gli ho mandato due escort a casa, due gemelline tutto pepe come quelle di Berlusconi ma molto, molto più … si insomma … molto più bone, diciamo!
Sono convinto che apprezzerà!
Mi hanno detto che quelle due fanno resuscitare pure i morti!
Speriamo bene. Perché io voglio bene ad Egidio.
Forza Egidio, riprenditi. Rinasci anche tu. La vita è bella!
La terra è diventata una sala d’aspetto. Dove non si fa altro che aspettare che arrivi il futuro!
Nella politica e nella religione, tutto si svolge nel futuro.
La politica si cura del futuro in questa vita, la religione del futuro dopo la vita.
La religione, in particolare, ha sempre avuto come unico progetto quello di promettere uno sfavillante futuro, dopo la morte, in un paradiso lontano.
Ed ha sempre funzionato!
In politica la gente crede nelle promesse elettorali, che gli daranno veramente una casa, nuove strade, nuove scuole, meno tasse. Alla fine non arriva mai nulla ma loro continuano a votarli.
In religione la gente vive in attesa del paradiso.
Questo posto, la terra, è diventato solo una sala d’aspetto. Come quelle delle stazioni.
E le sale d’aspetto sono un po’ tutte uguali!
Sono tutti lì seduti ad aspettare il treno, un treno che non arriva mai.
Ed allora si dà uno sguardo al giornale, si sgranocchia uno snack e ogni tanto si consulta l’orario.
Non ci si cura mai dell’aspetto della sala d’aspetto, perché è solo una sala d’aspetto.
Puo succedere che si lasci cadere il fazzolettino, le briciole del panini, attaccare la gomma sotto alla poltrona, nascondere col piede la lattina sotto alla sedia … dopo tutto è una sala d’aspetto! Presto ce ne andremo! Che importa!
Nelle sale d’aspetto ci si comporta diversamente che a casa propria.
Ed infatti le sale d’aspetto spesso sono sporche, i bagni non ne parliamo e nessuno si cura di non sporcarli più.
Perché tutti pensano al loro futuro.
Stanno solo aspettando il loro treno, poi ne se andranno.
Questo mondo non è altro che una sala d’aspetto.
Un posto dove stare il tempo necessario per prendere il treno ed andare a casa.
La terra non è la tua casa, è solo una sala d’aspetto!
La tua vera casa è altrove, lontana, sopra le nuvole. Lassù si vive veramente, qui si sta solo aspettando!
Tutte le religioni insegnano ad attendere. Questa è la vera follia, l’oppio dei popoli!
Attendere, attendere, attendere ….
Sarebbe ora di imparare a vivere adesso, subito, ad amare, a gioire … non ad aspettare!
Imparare a vivere è un’operazione molto semplice.
Basterebbe farlo diventare uno dei nostri primi pensieri.
Non può essere solo una tra le tante cose da fare.
Non può essere solo una voce sulla lunga lista della spesa della nostra vita.
Entrammo nel bar contemporaneamente e ci sedemmo, l’uno vicino all’altro, sugli unici due sgabelli liberi.
Lei alta e sinuosa con una 4^ di reggiseno.
Io camicia un po’ aperta ed addominali scolpiti da poco.
Entrambi giovani, belli e pieni di voglia di vivere e di amare.
Io presi un succhiodi frutta e lei un’aranciata amara di limone.
Guardavo le sue mani che accarezzavano il bicchiere, le sue lunghe dita affumicateche lo stringevano e la sensualità dei suoi morbidi gesti.
Io la fissavo intensamente. Dopo un po’ anche lei cominciò ad accennare un sorriso.
“Posso offrirle qualcosa?”
La mia voce ebbe effetto su di lei. E la sua su di me!
“Si, grazie. Ma niente di idroalcolico!”.
Lei prese un cappuccino con pocaacquaed io una semplicespremutad’aranciata.
Non riuscivamo a staccarci gli occhi da dosso.
Questo gioco di sguardi e la vicinanza dei nostri corpi fece venire ad entrambi una gran fame.
La invitai a pranzo e lei accettò subito.
Il sangue già bolliva. Ed allora facemmo calare la pasta.
Prendemmo degli spaghetti alle vongole voraci.
Per secondo fummo in imbarazzo perché scoprimmo che nessuno dei due mangiava carne: eravamo entrambi venusiani!
Ma in quella folle serata decidemmo di disobbedire ad ogni regola.
Nella pausa tra primo e secondo, ci facemmo portare un assorbente al limone per pulirci la bocca.
Poi una fresadi tacchino con contorno di funghi trafilati.
Inoltre il cameriere insistette per farci assaggiare dell’ottimo culatello di zimbelloed un grandioso vino invecchiato in rudere, un Morellino di Scandianodel 2005.
Ma l’arsura di quella giornata estiva e del sangue che continuava a scorrere veloce nelle vene fecero aumentare la sete.
Allora lei prese un boccale di birra doppio smaltoed io un passato di Pantelleria.
Prima si organizzava la serata in casa, magari si cenava in tempo per non perdersi l’anteprima di annozero o per capire chi c’era come ospite a ballarò dopo il tg.
Per vedere l’eterno teatrino dei soliti problemi su cui la classe politica italiana straparla da sempre per continuare a giocare la sua partita. A parole, naturalmente!
Partita che non ha nulla a che spartire con quelle che l’Italia di tutti i giorni è costretta ad affrontare.
Loro lì nell’olimpo a discertare su questo o su quello e noi, qui in basso, a lottare per la sopravvivenza, ad affrontare ogni giorno il carovita, l’inquinamento, la criminalità, le ingiustizie.
Noi comuni mortali, colpevoli di non essere cortigiani di tizio o lecchini di caio, siamo costretti a guardare ogni giorno l’olimpo dal basso.
Lassù tra i privilegi dell’etere, delle camere parlamentari e dei talkshow si fa finta di scannarsi sul processo breve, sulla privacy del tiranno o sulle centrali nucleari.
Come se fosse il primo pensiero degli italiani quando si svegliano al mattino!
Accendi la tv e ti può capitare il sibilo della dentiera di Maurizio Costanzo che trasmette in diretta dalla casa di riposo dove intervista i soliti ospiti che poi rivedi dappertutto dalla mattina alla sera.
O incappare nei vecchietti che giocano a fare i tronisti e le gare di ballo a “uomini e donne” da Maria de Filippi.
Ti risvegli dal pisolino in cui eri piombato solo quando bussano alla porta di “porta a porta”.
Dlin dlon!
Apri gli occhi e trovi come ospite Crepè, Nino D’angelo o qualche prete famoso che parla della sua missione. La telecamera zoomma sul plastico della villa del mostro o sullo schema della centrale nucleare in costruzione. Non può mancare l’autorevole intervento dell’inviato speciale che parla in maniche di camicia dal 27° piano del grattacielo di Manhattan o del professore di estetica che, con calma serafica, risponde su tutto lo scibile umano.
E noi a far finta che ce ne freghi qualcosa!
Noi convinti che basti mettere una X sulla scheda per cambiare la vita!
Non quello con le mucche ed i maialini, con l’orto pieno di fave e di piselli, il vigneto sulla collina a destra e l’uliveto per fare l’olio buono a sinistra.
E con tanti filari di faggi di qua e di là.
Non quello tipo la pubblicità del mulino bianco con la ruota che gira o quelli che vedi dall’autostrada tra sentieri di cipressi sulle colline tra l’Umbria e la Toscana.
No. Io parlo dell’agriturismo della domenica, quello che trovi appena fuori città e che sono spuntati come funghi negli ultimi anni.
Quello che si esce al terzo casello dopo la tangenziale, che ti accoglie con il classico vecchio carretto abbandonato appena entri e con il pozzo finto in mezzo al cortile con il secchio al centro che dondola.
Neanche una gallina.
Come animali c’è solo un vecchio cane che gira lentamente tra gli avventori come un pensionato ai giardinetti ed un vecchio mulo legato ad un albero che i bimbi vanno ad accarezzare.
Quello che il pranzo tutto compreso costa 25 euro e ti abboffi come un porco.
Quello che ci vanno le famiglie al gran completo compreso il nonnetto tutt’ossa amorevolmente sorretto dalle braccia forti del figliolo con la panza.
Gli antipasti vengono serviti all’aperto sulle botti che quando è ora di pranzo suona la campanella e tutti scattano come a lascia o raddoppia. E’ tutto self-service ossia te lo prendi e te lo porti al tavolo.
La solita zuffa si scatena vicino al vassoio dei crocché e delle palle di riso che finiscono subito.
Un tenero ed obeso papà molla un leggero (ma non tanto) scappellotto al figliolo reo di non aver fatto in tempo a “prelevare” gli ultimi arancini: “strunz, te fatt fa! (stupido, ti sei fato fregare!)”
Il capo cameriere fa un po’ paura ai bambini più piccoli tant’è grosso e peloso.
Il proprietario invece è proprio un angioletto. Quando vai a pagare ti chiede che hai preso e mentre tu tenti di dirglielo lui ti strappa la ricevuta e fa:”comunque so’ 25 euro a persona”. In mezzo ai peli del petto, appena coperto da un pesante crocifisso in oro, emerge un tatuaggio con scritto: “cella 37 mamma perdonami”. Che tenero!
Insomma sto parlando dell’agriturismo nato apposta per le massaie che non vogliono cucinare e non vogliono fare i piatti la domenica; quello che se chiedi al cameriere “scusi, che vino c’è?”, quello ti risponde, se ti va bene, “ bianco o rosso?”.
Quello che ti abboffano con 50 antipasti al punto che sei sazio ancor prima di cominciare.
Quello che quando arriva la porzione di lasagna già ti senti male e cominci a cercare il bagno.
Che non sai dov’è. Ma lo capisci subito dalla fila e dalla puzza di urina che sale.
Sembra di stare sull’intercity Palermo-Torino all’altezza di Genova a giudicare dai rotoli di carta igienica srotolati in ogni dove.
Nonnette con il bastone, coppiette di fidanzati, passeggini pieni di bambini, una mamma che allatta su una sedia di paglia, le suore del gruppo parrocchiale di S. Antonio, qualche bimbo che gioca a pallone. Altre mamme, esauste ancor prima di cominciare, fanno fare la pipì alla figlioletta, tra il primo ed il secondo, tenendola in braccio sotto l’albero di ciliegio.
Vassoi di improbabili alici marinate sembrano attirare solo qualche vespa. Ma che, comunque, finiscono subito.
Timballini di maccheroni, fette di pizza con il sugo rinsecchito, frittatine di cipolle, sottaceti di ogni tipo, polipi all’insalata, insalata di mare, cozze al graten, peperoni arrostiti con tutti i semini….
Quanta roba!
Dopo il tris di primi, tra cui spiccano quintali di pennette al pomodorino fresco dove non vedi altro che pellecchie di pomodoro, arriva il tris di carne.
Polli al forno, salsicce arrostite, pezzi di agnello e costolette di maiale arrostiti. Una vera novità!
Che galleggiano in un mare di olio di semi vari in cui non c’è traccia di olive nemmeno nel dna. Tanto per cambiare.
Alla fine del pranzo c’è anche la porzione di tiramisù e l’immancabile caffè ed ammazzacaffè.
Ci si saluta con la mancia al parcheggiatore abusivo che vuole un euro in cambio delle chiavi della tua macchina.
Poi si ritorna tutti a casa pronti a buttarsi sul letto ed a vedere la partita.